Andromaca, Vienna, van Ghelen, 1724

 ATTO SECONDO
 
 Porto di Troia, ingombrato da alloggiamenti militari, fra i quali v’ha un real padiglione chiuso. Mare in lontano con le navi de’ Greci alla spiaggia.
 
 SCENA PRIMA
 
 ORESTE e ULISSE con soldati
 
 ORESTE
285Non senza gioia io premo, Ulisse, e spiro
 questa terra e quest’aure
 che Ermione, l’idol mio, respira e preme.
 Chi sa che altrui rifiuto a me non tocchi
 il bel piacer di ricondurla ad Argo?
 ULISSE
290Sognan gli amanti anche vegliando. Oreste,
 voto è di tutti i Greci
 che la giurata fede
 serbi Pirro a la vergine reale.
 ORESTE
 De l’iliaca sua schiava ei prigioniero,
295facil non è che fuor ne tragga il piede.
 ULISSE
 Ma vedrà ricoperto
 l’ambracio sen da mille navi anch’egli.
 ORESTE
 Ultimo a vendicar gli offesi atridi
 alor non sarà Oreste. A Pirro intanto
300resti Andromaca.
 ULISSE
                                   No. La frigia donna
 non dia nipoti al gran Peleo né i grechi
 talami disonori. I tristi giorni
 tragga vedova e serva; e ’l suo Astianatte
 oggi le sia nuova cagion di pianto.
 ORESTE
305Perché?
 ULISSE
                  Giust’è che spento
 sia in lui d’Ettore il seme.
 Così estinguer con lui potessi ancora
 que’ pochi che fuggiro al ferro e al foco
 e in estranee contrade erran dispersi.
 ORESTE
310Odio, che per oggetto ha gl’infelici,
 non è degno di Ulisse.
 ULISSE
 Lo giustifica il danno. Il mio nemico
 può fuggirmi in un solo. Io ’l cerco in tutti.
 ORESTE
 Non chieggo arcani a chi li tace; e amore
315ad Ermione mi affretta.
 ULISSE
 Io qui a Pirro esporrò ciò che da lui
 la Grecia esige: il sangue di Astianatte
 e i giurati sponsali.
 ORESTE
                                      Ah! Tutto Ulisse
 dimandi e nulla ottenga in mio martoro.
 ULISSE
320Per la patria tu fai voti crudeli.
 ORESTE
 La patria amo, o signor; ma Ermione adoro.
 
    Lunge da que’ bei rai
 so quanto sospirai.
 
    Notte mi cinse intorno;
325e lieto e chiaro giorno
 sorger più non mirai.
 
 SCENA II
 
 ULISSE e poi EUMEO
 
 ULISSE
 Amante, cui sia tolto il caro oggetto,
 ostenta un gran dolor. Ma qual d’un padre,
 orbo d’unico figlio, il dolor sia,
330io ’l so... (Eumeo esce e osserva attentamente Ulisse in disparte)
 EUMEO
                   Mio re, mio Ulisse,
 pur ti ritrovo; pur tua destra io bacio. (Corre a baciar la mano ad Ulisse, senza lasciarsi vedere in faccia)
 ULISSE
 Stranier, chi sei? (Ritirandosi alquanto)
 EUMEO.
                                   Con questo
 nome più non chiamasti il tuo buon servo. (Ulisse il guarda fisso)
 ULISSE
 La voce... il noto volto...
335Parmi... sì, fido Eumeo... sì, che sei desso. (Va ad abbracciarlo)
 Piansi tua morte; e vivi; e forse il mio
 Telemaco ancor vive.
 EUMEO
 Piacesse al ciel. Vana speranza!
 ULISSE
                                                           Ah! Figlio,
 qual fior cadesti sul mattin reciso.
340Oh stesse Troia ancor! Poco or ne avanza,
 vil compenso al gran danno.
 EUMEO
 Andromaca ti resta,
 per cui miseri siam. Sì, in lei rivolgi
 l’odio e vendica i mali. Ella mi fece
345col fanciullo rapir d’Itaca al lido,
 volge or appunto il tredicesim’anno.
 ULISSE
 Anno in cui sciolsi a unir la Grecia in armi,
 tutta dal frigio drudo offesa in Sparta.
 EUMEO
 E tratti in Ilio, ella noi visti appena,
350«Vanne, uom greco» mi disse. «A me in balia
 resti il destin del pargoletto. Ei figlio
 è del nemico Ulisse. Or son contenta.
 Va’. Più nol rivedrai».
 ULISSE
 O non donna ma furia. E tu sì tardo
355perché recarne il doloroso annuncio?
 EUMEO
 Scoglio da l’onde cinto esul mi tenne
 dai regni de la vita e de la morte.
 ULISSE
 E del figlio i rei casi onde sapesti?
 EUMEO
 Più volte, oh dio! da’ miei custodi...
 ULISSE
                                                                  In tanta
360sciagura ho il sol conforto
 che la rea donna è in vita e ch’ella è madre.
 EUMEO
 A l’ombra di Telemaco poc’anzi
 sotto il mio acciar quasi ella cadde estinta.
 ULISSE
 Non è, non è sua morte
365ciò che chiede il mio sdegno.
 Il mio figlio ella uccise.
 Io vo’ ucciderle il suo. Senta una madre
 la vendetta d’un padre.
 EUMEO
 Andromaca sì occulto il tiene a tutti...
 ULISSE
370Tutti ella inganni. Io son l’accorto Ulisse.
 EUMEO
 E fin lo giura estinto.
 ULISSE
                                         E ritrovarlo
 saprò ancora tra l’ombre de’ sepolcri.
 Lasciami. In nome de la Grecia a Pirro
 chiederò la mia vittima. Col manto
375del pubblico interesse
 coprirò l’odio mio, tanto più atroce,
 quanto men conosciuto.
 EUMEO
 O Telemaco vivo o vendicato               .
 chieggo al ciel, pria ch’io chiuda i giorni miei.
 ULISSE
380Questo far può il mio ingegno e quel gli dei.
 EUMEO
 
    Quando ritornerai
 a la fedel tua sposa,
 dolente e lagrimosa
 ti parlerà del figlio.
 
385   E quando le dirai
 che il vendicasti morto,
 un raggio di conforto
 le brillerà sul ciglio. (Si alzano le due ale del real padiglione e n’esce Pirro con le sue guardie)
 
 SCENA III
 
 PIRRO e ULISSE
 
 PIRRO
 Un ospite e un amico
390incontro con piacer nel saggio Ulisse.
 ULISSE
 Non so se in me ugualmente, invitto Pirro,
 accoglierai quel cui la Grecia elesse
 a parlarti in suo nome e cose a esporti
 ardue forse ma giuste.
 PIRRO
                                            E se son giuste,
395ardue a me non saranno. Ulisse parli.
 ULISSE
 Corre fama, ma fama
 spesso detrae bugiarda ai grandi eroi,
 che tu, in onta de’ patti,
 di Menelao la figlia e la nipote
400del possente Agamennone ti accinga
 a rimandare in Sparta e del tuo Epiro
 sovra il trono a innalzar l’iliaca schiava.
 Vero siasi o mendace il suon che offende
 la tua fede e ’l tuo onor, vuolsi che Ermione
405sia, me presente, tua regina e sposa.
 PIRRO
 Ulisse...
 ULISSE
                  Altro a dir resta. A te, qual fosse
 Ettore, non è ascoso. Ei cadde e tutto
 ci volle il forte Achille e bastò appena.
 Ma che? Vive Astianatte. Ai Danai un altro
410Ettore in lui già cresce. Al piccol angue
 l’ancor tenero capo si conquida,
 pria che il morso e ’l veleno
 a noi ne giunga e a te che ’l covi in seno.
 PIRRO
 Ulisse, io mi credea che omai più noto
415fosse Pirro a la Grecia.
 Buon per me che a dar leggi,
 non a soffrirle, avvezza ho l’alma. Il nodo,
 cui si vuole forzarmi, è già disciolto.
 Rieda Ermione agli Atridi.
420Io né qui la chiamai; né qui le diedi
 mia fede. Ella n’è paga; e se pur qualche
 dolor le costa Pirro, a lei già venne
 chi la può consolar.
 ULISSE
                                      Dunque al tuo fianco
 Andromaca vedrem...
 PIRRO
                                          Tra le divise
425spoglie, Andromaca a Pirro, agli altri greci
 sortì la sua. Ciascuno
 ne disponga a suo grado; e su la mia
 pieno anche a me si lasci
 l’arbitrio. D’Astianatte
430chi sa il destin? Le lagrime materne
 lo fan credere estinto. A lei sen chiegga.
 Ma de la Grecia vincitrice è indegno
 il temere un fanciullo; e s’ei vivesse,
 a una madre meschina
435ricusar non saprei pietà e difesa.
 ULISSE
 Ah! Ciò faria d’Epiro un’altra Troia.
 PIRRO
 Arminsi pure i Greci.
 Furo ingrati ad Achille e ’l sieno a Pirro.
 Ma per prova già san quanto a temersi
440l’ira sia dei Pelidi.
 ULISSE
 Tu la loro amistà dunque ricusi?
 PIRRO
 Amici no, tiranni li ricuso.
 ULISSE
 Orsù, pria d’Astianatte
 giovi esplorar la sorte; e tu d’Ermione
445risolviti a le nozze, anzi ch’io parta.
 PIRRO
 Puoi già disporti a ricondurla a Sparta.
 ULISSE
 
    Con la ragion consigliati
 e non lasciarti vincere
 tanto da un cieco amor.
 
450   Troia, che miri in cenere,
 d’Asia saria regina.
 Ma una fatal beltade
 accese in sua ruina
 l’incendio struggitor.
 
 SCENA IV
 
 PIRRO, ELENO e poi ANDROMACA
 
 PIRRO
455Ciò che in favor di Andromaca finora
 si è fatto, Eleno, è poco.
 ELENO
                                             E qual d’Ermione
 peggior nemico?
 PIRRO
                                  Ulisse. Ei la minaccia
 su la vita del figlio.
 ANDROMACA
                                     Il mal più grave,
 che farmi egli potria, morte già fece;
460e chi tutto perdé, nulla più teme.
 PIRRO
 Eh! Guai per te, se meglio
 non l’ascondi al nemico
 che non festi a l’amante. Ancor sei madre.
 Non Eleno od Apollo, amor mel disse.
465Sì, Pirro il sa; ma non lo sappia Ulisse.
 ELENO
 Quanto vede un amante! E l’ingannarlo
 quanto è difficil cosa!
 ANDROMACA
 Se questo qualsisia volto infelice
 desto in te non avesse
470un amor, ch’io più temo
 de l’odio tuo, con vana diffidenza
 offesa non avrei la tua virtude.
 Pirro, il dirò. Non al nemico il figlio,
 l’occultai a l’amante. In lui potevi
475trovar con che atterrirmi.
 PIRRO
                                                 O dispietata,
 che custodisci l’odio tuo, gelosa
 fino a temer ch’io ne trionfi!
 ANDROMACA
                                                      E ch’altro
 deve al figlio d’Achille
 la vedova d’Ettorre?
 PIRRO
                                        Altro gli debba
480la madre d’Astianatte.
 Io da Ulisse, io da tutta
 la Grecia il salverò. Gli sarò padre;
 l’avvezzerò ai trionfi, ond’egli possa
 rimetter Troia e vendicarla ancora.
485Se lontana grandezza
 per lui non ti lusinga, orror ti mova
 del suo vicin periglio.
 Dimmi solo ch’io speri e salvo è ’l figlio.
 ELENO
 Che dirà mai!
 ANDROMACA
                             No. Ancora
490non è sì disperato amor di madre
 ch’abbia a porre in obblio dover di moglie.
 Per deluder Ulisse
 ho core, ho ingegno, ho via. Basta che Pirro
 non tradisca l’arcano.
495Ma tua virtù me ne assicura. In campo
 d’inganno e frode, esca a pugnar l’uom scaltro
 con chi è femmina e madre.
 PIRRO
 Ma se avverrà che tu sia vinta e penda
 sovra Astianatte asta o coltello?
 ANDROMACA
                                                           O dio!
 PIRRO
500Prezzo di sua salvezza
 alor non mi sarà lieve speranza.
 ANDROMACA
 Ah! Che alor tremerà la mia costanza.
 PIRRO
 
    No, non mi basterà, bocca vezzosa,
 che tu mi dica alor: «Amami e spera».
 
505   Ti chiederò in mercé fede di sposa
 e amante ti vorrò, non lusinghiera.
 
 SCENA V
 
 ANDROMACA ed ELENO
 
 ELENO
 Molto, Andromaca, speri.
 ANDROMACA
 Eleno, or ti sovvenga
 che tu e Cassandra, entrambi
510pieni del divo Apollo il petto e l’alma,
 presagiste che morte
 sovrastava da Ulisse al mio Astianatte.
 ELENO
 E che a lui sol potea dal colpo estremo
 Telemaco esser scudo.
 ANDROMACA
                                           O ben temuti
515presagi! Io rapir feci
 in Itaca il fanciullo. Ecco vicino
 il periglio e ’l riparo. Ulisse tremi.
 ELENO
 Intendo. È tuo pensier che in sen del figlio,
 non conosciuto, incrudelendo il padre,
520diventi tua salute il suo delitto.
 ANDROMACA
 Guardimi il ciel. Qui non è Grecia; ed io
 esser misera posso,
 empia non mai. Confonderò d’Ulisse
 l’odio, onde incerto tra ’l suo figlio e ’l mio,
525né l’un sappia abbracciar né ferir l’altro
 e tra rabbia ed amor peni e deliri.
 ELENO
 Ingegnosa pietà! Ma pur ti giovi
 celar la bella coppia e dirla estinta.
 ANDROMACA
 Mel crederà? Troppo è sagace. Il tempio
530non è sicuro asilo e non rimane
 di sì vasta città tanto che basti
 a occultar due fanciulli.
 ELENO
                                             Intatta ancora
 sta d’Ettore la tomba.
 ANDROMACA
 Ah! Che un freddo sudor mi va per l’ossa.
535Temo l’augurio del feral soggiorno.
 ELENO
 Altro n’hai o migliore?
 L’addita. Occupi il misero i presidi.
 Il felice gli scelga.
 ANDROMACA
 Cedo. Entrambi raccolga il sacro avello;
540e d’Ettore, con cui
 e stette Troia e cadde, a le profane
 mani anche l’ombra formidabil sia.
 ELENO
 L’incarco a me. Te amor tradir potria.
 
    Sgombra il timor.
545Più che non pensi ho in cor
 fede e dover per te.
 
    Taccio e più dir vorrei;
 ma forse offenderei
 il debito e la fé.
 
 SCENA VI
 
 ANDROMACA
 
 ANDROMACA
550Ettore, o primo, o solo
 mio amor, dal lieto Eliso,
 ove cerchio ti fan l’altre grand’alme,
 in me t’affisa; e mentre
 incontro mi vedrai frode e periglio,
555reggi la madre e custodisci il figlio.
 
    Libertà, marito e trono
 fur miei beni e mali or sono;
 e se il figlio che mi resta
 cuopre omai tomba funesta,
560dirò ancor: «Non son più madre».
 
    Chi ’l diria? L’iliaco erede
 altro scampo a sé non vede,
 contra un odio iniquo e fello,
 che l’orror di un cieco avello
565e la grande ombra del padre.
 
 Fine dell’atto secondo